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In Libia situazione pericolosa “I
nipotini di Graziani”, è il modo in cui l’Isis in Libia si riferisce agli
italiani dopo la riapertura dell’ambasciata a Tripoli, Non che a Tunisi
l’Italia venga guardata con maggiore simpatia, il fatto che sia stato il
ministro Minniti a presentarsi come responsabile del governo per trattare la
questione migranti e non il ministro degli Esteri, ha consentito di pensare
che l’Italia consideri la Libia un proprio affare interno, come al tempo di
Mussolini. Tanti campi contrapposti fra di loro nella Regione, sembrerebbero
volentieri coalizzarsi contro lo straniero più esposto politicamente, Il
nostro governo, così giustamente coinvolto, presto dovrà rendersi conto che
la strategia politica di Obama che aveva indicato nell’Italia la guida
politico militare della coalizione, è decaduta con la nuova presidenza e
l’Italia necessariamente deve riposizionarsi o rischia di diventare un
bersaglio. Lo ha già detto chiaramente l’uomo forte della regione, il
comandante militare della Cirenaica, quell’ Haftar che ora viene omaggiato
sugli incrociatori di Putin ed è amico del generale al Sisi a contrario
dell’Italia per la vicenda Regeni. Il comandante Haftar ex pezzo grosso
dell’esercito di Gheddafi, non è proprio che possa considerarsi un
personaggio raccomandabile, ma è l’unico che in Libia conti un qualche potere
reale. Il governo sostenuto dall’Onu è poco più che un babaccio, mentre
quello islamico che è stato estromesso continua a riprodursi in inutili colpi
di Stato, è pressappoco ridicolo. Haftar è invece un autentico capo militare,
dispone di mezzi a sufficienza per la bisogna, sostiene di combattere l’Isis
ad esempio, e anche se non sappiamo se è vero è sicuramente in grado di farlo,
e ha stretto alleanze destinate a contare, come quella con la Russia per
l’appunto, che dopo l’impegno in Siria, sta diventando il campione della
sicurezza in medio oriente. L’America con Obama, invece ha smesso di esserlo
e non è detto che con Trump voglia ritornare un dominus. L’Italia ha avuto
nella politica svolta in Libia, una delle poche certezze della sua
diplomazia, bisogna però che si prepari ad un aggiornamento, perché la
situazione potrebbe precipitare da un momento all’altro. Roma, 16
gennaio 2017 |
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